A proposito di scatola nera

snapisSu segnalazione dell’ing. Elios Castagnola, segretario generale dello SNAPIS, riceviamo e pubblichiamo il seguente articolo sui vantaggi e limiti del “Dispositivo Scatola Nera”, redatto dall’ing. Angelo Capolupo dell’omonimo studio di consulenza forense per l’infortunistica stradale.

Il dispositivo scatola nera risulta installato su un numero sempre più elevato di veicoli. Nel 2013 in Italia sono stati installati circa 2.000.000 di dispositivi, di cui quasi la metà nel sud Italia. Dal 2013 ad oggi la crescita di questo prodotto sul mercato nazionale è stata continua: nel primo trimestre del 2014 la black box risultava presente nel 12,2% dei contratti stipulati, nel 2015 nel 13% e nel primo trimestre del 2016 nel 15,6%.
Il crescente numero di dispositivi installati nel nostro Paese è strettamente correlato all’elevato costo delle polizze assicurative in ambito RCA. La scelta dell’assicurato di installare il prodotto telematico comporta, infatti, una riduzione del premio annuo, circostanza, questa, che giustifica il maggior numero di dispositivi nel sud Italia, area in cui il rischio assicurativo è più alto e conseguentemente le polizze sono più care.

Le Compagnie assicurative utilizzano il prodotto telematico per determinare, con maggiore accuratezza, il rischio assunto per ogni singolo assicurato e contrastare il più possibile sia i furti che l’elevato numero di frodi che caratterizzano il mercato RCA nazionale.
Ma se per le assicurazioni il vantaggio è economico, per i Tecnici Ricostruttori che operano nel settore dell’infortunistica stradale come influisce il dispositivo scatola nera?

La black box fornisce, a seguito di un incidente, un elevato numero di informazioni che, insieme agli altri elementi che caratterizzano un sinistro (rilievi autorità, veicoli coinvolti e luogo dell’incidente), è di supporto al Tecnico Ricostruttore per poter risalire, con ragionevole certezza, alla dinamica con cui si è sviluppato l’incidente. Nello specifico, in un ambito come quello dell’infortunistica stradale in cui spesso gli elementi a disposizione sono carenti, la black box permette di acquisire ulteriori dati che certamente coadiuvano il lavoro del Tecnico.
Vantaggi
Tramite il dispositivo scatola nera è possibile risalire:
– alla velocità di marcia dell’autovettura al momento dell’urto o a qualche istante prima;
– al luogo in cui si è verificato l’incidente;
– alle sollecitazioni caratterizzanti la fase d’urto;
– al moto del veicolo nella fase pre e post-urto;
– alle manovre messe in essere dal conducente del mezzo nella fase pre e post-urto.

In alcuni casi il dispositivo scatola nera fornisce delle informazioni che diversamente non saremmo in grado di acquisire.

Ad esempio, per mezzo della black box è possibile risalire, con certezza, ad una manovra di frenata messa in essere dall’automobilista nella fase pre-urto che, invece nella maggior parte dei casi – a causa della presenza del sistema ABS sui veicoli – non saremmo in grado di accertare né dai rilievi né dalla documentazione fotografica prodotta dalle autorità. La scatola nera permette di verificare una manovra di sterzata di emergenza messa in essere dall’automobilista nella fase pre-urto, il che consentirà di effettuare delle valutazioni più accurate sull’evitabilità dell’incidente.

Il dispositivo telematico consente, inoltre, di effettuare un riscontro tra i danni effettivamente rilevati sul mezzo e le sollecitazioni registrate all’urto.
Permette altresì di effettuare delle valutazioni di tipo ergonometrico, riscontrata la sollecitazione applicata all’urto sull’autovettura.
Infine, in una materia così approssimata come quella dell’infortunistica stradale, consente di effettuare delle verifiche energetiche decisamente accurate. In particolare, il più delle volte accade che i diversi tecnici (C.T.U., C.T.P. e Periti della Procura) incaricati di ricostruire cinematicamente un sinistro – attraverso l’applicazione del principio della conservazione della quantità di moto – giungano a soluzioni differenti. Tali soluzioni tendano a convergere solo a seguito di una verifica energetica dei risultati ottenuti, tramite la disamina dei danni effettivamente rilevati sui mezzi antagonisti. Allo stesso tempo, può accadere che l’analisi delle energie dissipate all’urto dai veicoli sulla scorta della sola documentazione fotografica oppure le divergenze tra i Tecnici sulle misure rilevate sui mezzi o sui relativi coefficienti di rigidezza utilizzati, possano generare ulteriori discordanze sui risultati ottenuti.

Il dispositivo scatola nera, invece, tramite l’integrazione delle curve accelerometriche caratterizzanti la fase d’urto, permette di determinare la variazione di velocità (Δv) del veicolo alla collisione, consentendo, così, al Tecnico Ricostruttore di effettuare una seconda verifica energetica che, in caso di corretto funzionamento della black box, permetterà di ottenere, con ragionevole certezza, la velocità posseduta dall’autovettura.

Limiti

Il dispositivo scatola nera, come ogni strumento, presenta, tuttavia, anche dei limiti. È necessario pertanto che il Tecnico Ricostruttore sia a conoscenza degli stessi e soprattutto sappia valutare la bontà del dato acquisito.

Ma quali sono, in concreto, i limiti del dispositivo black box?
1. Un primo elemento su cui bisogna soffermarsi è la verifica della corretta localizzazione del veicolo tramite il sistema GPS. Difatti, a seconda della qualità del segnale acquisito dal ricevitore montato sull’autovettura, varierà sensibilmente l’accuratezza della posizione del mezzo. Affinché il veicolo sia localizzato con ottima approssimazione è necessario che il ricevitore acquisisca il segnale da almeno 4 satelliti, di cui tre permetteranno di effettuare una cosiddetta trilaterazione ed il quarto sincronizzerà l’orologio interno del ricevitore GPS con quello degli altri satelliti visibili. Al diminuire del numero di satelliti visibili dal ricevitore, diminuirà conseguentemente l’accuratezza della localizzazione del veicolo. Pertanto, affinché un Tecnico possa fare delle valutazioni sulla localizzazione del mezzo, è necessario che sia a conoscenza della qualità del segnale acquisito dal ricevitore. Purtroppo, ad oggi, esiste un solo provider sul mercato nazionale in grado di fornire questo dato, con la conseguenza che, laddove lo stesso non sia disponibile, è necessario che il Tecnico faccia ulteriori valutazioni utili a verificare la correttezza del dato letto.

2. Un secondo limite del dispositivo black box risiede nell’individuazione della velocità di marcia dell’autovettura al momento dell’urto o a qualche istante prima. Questo dato, infatti, viene determinato dal sistema GPS facendo una media tra due istanti consecutivi considerando un moto costante in un tempo di campionamento prefissato (normalmente 1 secondo). Per tali motivi, la velocità fornita dal dispositivo telematico risulterà corretta solo se nella fase precedente l’urto il veicolo viaggiava a velocità costante, così come riscontrabile dal grafico accelerometrico riportato di seguito.

accellerometro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di contro, se il veicolo tra i due istanti che precedono l’urto era in fase di accelerazione o di frenata, il dispositivo GPS, non potendo apprezzare tale circostanza, fornirà un risultato non attendibile. Difatti, se dall’istante t_0 all’istante t_1 il mezzo è soggetto ad una manovra di frenata, la velocità fornita dal sistema GPS all’istante t_1 verrà calcolata ipotizzando un moto costante invece che uniformemente decelerato. Tale circostanza comporta che il sistema GPS stimi la velocità di marcia del veicolo senza tener conto della durata della manovra di emergenza e della relativa intensità di frenata, fornendo quindi un risultato non attendibile.

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Il Tecnico Ricostruttore, quindi, prima di poter ritenere valide le velocità fornite dal dispositivo scatola nera dovrà necessariamente analizzare il grafico accelerometrico, al fine di appurare se l’autovettura nella fase pre-urto viaggiava a velocità costante (circostanza questa che rende il dato letto “corretto”) oppure era soggetta ad una manovra di frenata o accelerazione (circostanza che rende il dato letto “non attendibile”).

Si evidenzia che in quest’ultimo caso, se dal grafico accelerometrico si evince che il veicolo nella fase pre-urto risulta fermo, il Tecnico potrà comunque effettuare un’integrazione a ritroso delle curve accelerometriche al fine di determinare la relativa velocità di marcia pre-urto dell’autovettura.

3. Un ulteriore limite risiede nella tipologia di installazione degli accelerometri, la quale può influenzare la bontà del dato accelerometrico acquisito. Si evidenzia che prima di procedere alla lettura del grafico accelerometrico il Tecnico deve essere a conoscenza della posizione degli accelerometri sul veicolo, della soglia minima e massima di rilevamento e del relativo tempo di campionamento. Allo stesso tempo si specifica che un errato funzionamento del sistema GPS non influisce sulla bontà dei dati accelerometrici e viceversa.

Nel caso di accelerometri installati non in corrispondenza del baricentro del veicolo, può succedere che a seguito di una collisione con forte componente trasversale al mezzo ed applicata ad una distanza rilevante dal predetto baricentro, la sollecitazione acquisita dalla black box risenta di tale circostanza, fornendo così un’accelerazione di intensità non coerente rispetto a quella effettivamente applicata al veicolo.

4. Un’ulteriore problematica si può riscontrare in caso di accelerometri non perfettamente solidali al veicolo (condizione questa più frequente nei casi di black box installata sulla batteria). In tali casi, le sollecitazioni acquisite dagli accelerometri risentono delle vibrazioni a cui sono sottoposti, fornendo così un dato accelerometrico di entità maggiore rispetto a quello effettivo. Ipotesi molto frequente nei veicoli con accelerometri non solidali al mezzo è il cosiddetto falso crash conseguente ad una manovra di frenata. Nello specifico, a seguito di una manovra di frenata le sollecitazioni rilevate dall’accelerometro, disposto lungo l’asse longitudinale del veicolo, superano la soglia di 1 g, generando un allarme di crash (nel caso in cui il dispositivo telematico abbia come soglia minima 1 g). È importante evidenziare che tale circostanza non significa che il veicolo è stato sottoposto ad una frenata di intensità superiore ad 1 g, in quanto la decelerazione effettivamente impressa sul mezzo risente delle vibrazioni a cui sono soggetti gli accelerometri non solidali al veicolo, fornendo così una decelerazione di entità superiore rispetto a quella reale.

5. Infine, ulteriore attenzione bisogna porre alla lettura del Report che si genera a seguito di un crash. Nello stesso è rappresentata la sagoma di un veicolo in vista dall’alto, in cui vengono indicate le parti del mezzo sottoposte all’urto (vedi figura n. 3). È importante evidenziare che questo dato fornito non rappresenta l’effettivo punto di contatto della forza ma indica invece l’area in cui la stessa risulta applicata.

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Inoltre le aree o le frecce indicanti la posizione della forza d’urto sul veicolo in alcuni casi possono risultare errate rispetto alle sollecitazioni effettivamente applicate al mezzo. Tale problematica si può riscontrare, ad esempio, quando il veicolo, nella fase post-urto, si ribalta comportando la conseguente inversione degli assi del sistema di riferimento della black box. Per tali motivi è sempre consigliabile che il Tecnico analizzi dapprima i grafici accelerometrici, indicanti le effettive forze applicate sul veicolo, e solo in seguito faccia un riscontro con quanto raffigurato nel Report.

In definitiva, è possibile ritenere che il dispositivo scatola nera sia certamente uno strumento utile all’analisi e alla ricostruzione di un incidente stradale a condizione, però, che il tecnico che decida di utilizzare tale strumento sia in grado di interpretarne i dati e soprattutto sia a conoscenza dei suoi limiti.

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