GENERAL MOTORS: TAGLI ALLA FORZA LAVORO

general motors logoSono circa 14.700 i posti lavoro che il colosso di Detroit vuole tagliare, circa il 15% della forza lavoro suddivisa nei sette impianti tra Stati Uniti e Canada che verranno chiusi entro il 2019.

Se tale manovra sembra soddisfare gli azionisti, con Wall Street che vede salire i titoli del marchio ad un +7%, il sindacato dei metalmeccanici si dichiara pronto a dare battaglia, cavalcando l’onda generale delle polemiche, condivisa dal presidente Donald Trump: per Washington, infatti, si tratta di un colpo molto basso, poiché <<Il paese ha fatto molto per Gm >> afferma il presidente americano. <<Dovrebbe smetterla di produrre auto in Cina: dovrebbe produrle invece negli Usa.>>

Sotto l’amministrazione Obama, il Congresso aveva infatti approvato il salvataggio della GM stanziando miliardi di dollari dei contribuenti, che ora davanti al taglio dei posti di lavoro stanno gridando al “tradimento” degli americani; di contro, General Motors ritiene che tali misure siano necessarie per rilanciare la società di fronte al rallentamento delle vendite negli Stati Uniti, che minaccia solo di peggiorare con in seguito alla politica di guerra commerciale avviata dalla Casa Bianca. Le nuove direttive doganali hanno già avuto tra gli altri effetti quello di alzare i prezzi di materie prime fondamentali per il settore come acciaio e alluminio: GM vuole quindi adattarsi a <<un’industria che cambia rapidamente e a condizioni di mercato che cambiano rapidamente. Assumiamo queste decisioni ora mentre l’economia è ancora forte e mentre la società è forte>> afferma l’amministratore delegato Mary Barra, che spiega le tempistiche della decisione con la volontà della casa automobilistica di precedere il mercato, soprattutto quello dell’elettrificazione, in cui il marchio si troverebbe a concorrere contro i rivali giapponesi e sudcoreani.

Con i tagli, GM punta a risparmiare 6 miliardi di dollari, che verranno dunque probabilmente reinvestiti nelle auto elettriche ed autonome; gli stabilimenti internazionali che verranno chiusi non sono ancora stati resi noti, ma tra i sette annunciati sono potenzialmente inclusi due impianti in Michigan, Lordstown in Ohio e uno in Maryland, mentre per  il Canda l’impianto interessato è quello in Ontario di Oshawa. Le fabbriche sarebbero dunque quelle dei modelli Chevrolet Cruze, Impala, Silverado e Volt, così come della Cadillac XTS e CT6, Buick LaCrosse e della GMC Sierra. Di questi modelli, lo stop alla produzione di Chevrolet Silverado è improbabile, poiché il pickup è uno dei modelli di maggior successo del marchio, ma lo stesso non si può dire delle serie LaCrosse, Impala e Cruze, che verranno quasi sicuramente abbandonate: le vendite di LaCrosse sono state inferiori fino a ottobre di oltre il 16 percento rispetto all’anno scorso, e lo stesso vale per l’Impala, mentre le vendite di Cruze sono addirittura calate oltre il 22 percento ; Silverado, invece, potrebbe addirittura mantenere lo stesso livello di vendite del 2017.

Un duro schiaffo, il nuovo piano di General Motors, alla politica di del tycoon, che in campagna elettorale e anche successivamente alla propria elezione aveva puntato tutto sulla promessa di un boom dell’industria automobilistica, con cui riportare in America milioni di posti di lavoro; invece, le delocalizzazioni in Cina e Messico riguarderanno proprio gli impianti produttivi del Midwest, quelli che hanno aiutato maggiormente Trump a conquistare la Casa Bianca nel 2016.

 

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